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David Larible: Ecco perché ora vi serve un clown

Milano, 24 gennaio 2021 - Una vita dedicata alla risata. Il naso rosso e via. In bilico fra il Monello di Chaplin e le arie d’opera, la tradizione circense e la Commedia dell’Arte. Questa la ricetta di David Larible, da anni a girare mezzo mondo coi suoi spettacoli, dopo essere stato a lungo solista per il Circo Barnum. Perfino Hollywood pare che si sia innamorata di lui. Eppure questa è la prima volta che arriva a Milano, dal 26 al 30 gennaio al Teatro Menotti con "Il clown dei clown". Un piccolo classico. Che racconta bene l’arte e il mondo dell’artista veronese.


David, com’è la vita da clown?
"Ultimamente molto simile a quella di un attore o di un musicista: aereo, teatro, hotel e poi ancora aereo, teatro, hotel. Devo ammettere che ho un po’ di nostalgia del circo, del carrozzone di fianco alla tenda. Una vita a misura d’uomo, più romantica".


Lei d’altronde è figlio d’arte.
"Sì, siamo circensi da sette generazioni. Proseguire era del tutto naturale. Il delfino non impara a nuotare, si trova nell’acqua e nuota".


Mai sognato un lavoro diverso?
"Certo, càpita. Ma una volta che vedi che Ronaldo e Messi sono già lì... In realtà mi sarebbe piaciuto diventare un cantante d’opera. Chissà se poi sarei stato più felice, quello è proprio un mistero. Fortuna che con l’età diventi un pochettino più saggio e capisci che devi star bene con ciò che hai, senza rincorrere quello che manca".
Qual è il segreto del clown?

Qual è il segreto del clown?
"Sono sempre esistiti alcuni personaggi bizzarri, fuori dagli schemi della comunità, in grado di far ridere gli altri, a volte loro malgrado. Credo che ci sia una forma di riconoscenza nei confronti del clown. La risata ci fa sentire meno soli. Appena ridi sei automaticamente con qualcuno".


Sente una responsabilità diversa in questo periodo?
"È una situazione che si ripete nel tempo. Quando il mondo sembra attraversare la sua fase peggiore, è in quel momento che il clown ha maggiore ragione di esistere. Proprio come il medico. Solo che noi non curiamo, ci mancherebbe. Allontaniamo solo un attimo il dolore dell’anima. Giusto per un paio d’ore".


Cosa porta sul palco?
"Non sono mai stato a Milano e così ho deciso di proporre il mio primo spettacolo, nella sua forma originale. In scena racconto la storia di un inserviente che arriva per pulire il teatro e si ritrova invece protagonista di una notte molto particolare. Perché ognuno di noi nelle circostanze giuste può fare grandi cose. Se vogliamo è questo il tema. Anche se poi è affrontato con una certa spensieratezza, non siamo in una tragedia greca. Ma questo non vuol dire venir meno alla profondità".


C’è un momento che pure a lei scappa da ridere?
"Nello spettacolo ci sono emozioni diverse, forse questo è uno dei segreti. Si ride a crepapelle prima di ritrovarsi in una situazione più poetica, delicata. Non saprei dirle. E poi con l’improvvisazione hai la certezza che ogni sera sarà differente. D’altronde siamo tutti figli naturali della Commedia dell’Arte".

Articolo originale su Ilgiorno.it

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